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Geovismo e psicologia: autocritica, autoesame, auto ed eteroaiuto fraterno

Ultimo Aggiornamento: 22/09/2009 23:59
13/02/2009 07:02
 
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Dal fondatore de “L’Arca” con amore. In tema di Setta e Comunità

Leggendo Jean Vanier ho trovato degli spunti per un esame valutativo sia della propria persona sia dell’ORG a cui si appartiene.

L’esame sulla propria persona dipende dal fatto che anche se non si è in un’ORG settaria il soggetto può vivere la sua fede in modo settario. La mia Chiesa Cattolica lo riconosce e ce ne ammonisce esplicitamente. Lo ha scritto proprio all’inizio del primo documento in cui ha iniziato ad interessarsi del fenomeno dei nuovi Movimenti Religiosi Alternativi. Ecco il testo:
«… lo spirito settario, cioè un atteggiamento d’intolleranza unito a un proselitismo aggressivo, non è necessariamente il fatto costitutivo di una “setta” e, in ogni caso non è sufficiente e caratterizzarlo. Uno spirito del genere può riscontrarsi nei gruppi di fedeli appartenenti a Chiese o a comunità ecclesiali.» (MAGISTERO, Il fenomeno delle sette o nuovi movimenti religiosi: sfida pastorale, 1986, n. 1.1)
Io penso che sarebbe salutare fare tale esame periodicamente perché si può partire in un modo giusto e diventare col tempo settari per una sacco di motivi: insicurezza, difesa della propria “roccia”, provocazione ecc…

L’esame sulla propria ORG o Chiesa invece deve fare riferimento agli insegnamenti ufficiali, al modo programmatico di conduzione che viene dalla Dirigenza di essa. Questo lo si può fare analizzando documenti e prassi, e lo dovrebbe fare ogni persona che voglia aderirvi o, se non lo ha fatto a suo tempo, che già vi ha aderito. E anche questo va fatto periodicamente, se non di proposito, almeno quando qualche persona esterna ci chiede (e ha il diritto di farlo) di esibirgli le ragioni della nostra fede e della fiducia che accordiamo alla nostra ORG-Chiesa (cf 1Pt 3,15) oppure ne contesta esplicitamente la legittimità.

JEAN VANIER, fondatore della comunità “L’Arca”, appunto su stimolo di esterni, fa un autoesame sulla propria comunità, offrendoci dei criteri di discernimento. Li ritengo utili sia a noi cattolici che ai nostri fratelli Testimoni di Geova.
Dal volume (stellare!) “Ogni uomo è una storia sacra”, EDB Bologna 1996, pp. 131-132.

«E’ importante distinguere una vera comunità da una setta, e lo è in particolar modo per noi dell’Arca, che a volte siamo equiparati a una setta. Una rigorosa chiusura caratterizza la setta; i suoi membri, spesso persone fragili e insicure, rinunciano alla loro libertà e alla loro coscienza personale per una coscienza collettiva, plasmata da un padre, una madre, un guru onnipotente, considerato spesso come l’inviato di Dio. Vengono nutriti di paura e di pregiudizi per evitare che entrino in contatto con altre persone che non la pensano come loro. Per i membri di una setta, l’umanità è divisa in due: i buoni e i cattivi, i salvati o gli illuminati e i dannati. Fra queste due categorie c’è un grande muro: non è permessa nessuna apertura, è vietato ogni incontro, a meno che non si tratti di fare proseliti. Non è possibile nessuna autocritica. Le persone rinchiuse in una setta hanno fatto l’esperienza della propria fragilità e delle proprie tenebre; hanno bisogno di ritrovare l’ordine e vogliono imporlo anche agli altri. C’è analogia fra certe forme di fascismo dei regimi dittatoriali e le sette. Bisogna impedire ad ogni costo l’esercizio della libertà personale, che è necessariamente cattiva e conduce all’anarchia e al disordine.

Devo confessare che agli inizi dell’Arca non prestavo molta attenzione ai vicini e alla gente del paese; pensavo alla mia iniziativa; accogliendo Raphael e Philippe, avevo un mio progetto. Eravamo chiusi fra di noi. Può darsi che una comunità, al momento della sua fondazione, sia costretta a chiudersi in se stessa. La vita nascente e l’identità ancora fragile devono essere protette. A poco a poco, però, mi sono reso conto dell’importanza di essere aperti ai vicini, di cercare il dialogo con loro, di non chiuderci fra di noi.

La vera comunità, a differenza della setta, è finalizzata alle persone, alla loro crescita verso la maturità e la libertà interiore; vuole ottenere che ciascuno sia in grado di assumersi liberamente delle responsabilità. Quando una comunità è agli inizi può essere necessaria un’autorità che si impone con forza, ma in seguito bisogna arrivare a un’autorità che aiuti ciascuno a crescere, a diventare se stesso. Una vera comunità deve essere aperta, in modo da poter essere sorgente di vita per gli altri, per i visitatori, i vicini, gli amici, i “diversi”. E’ chiamata a inserirsi in un quartiere, in un comune, in una regione.»
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est modus in rebus
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